BTO 2016 inizia per me con una storia entusiasmante.
La storia in questione è quella di Andrea Bartoli, il notaio pazzo, e di Farm Cultural Park.
Favara, in provincia di Agrigento, è oggi la capitale della rigenerazione urbana e Farm Cultural Park è un centro culturale indipendente di arte contemporanea.
“Arte e cultura sono stati gli ingredienti per ridare dignità ad una città che l’aveva persa” così dice Andrea.
Non posso rimanere indifferente all’ascolto delle sue parole quando aggiunge:”Io e mia moglie volevamo restituire un piccolo mondo migliore di quello che avevamo ricevuto”.
Ecco il suo WHY, semplice, diretto, concreto e allo stesso tempo visionario.

Andrea Bartoli non si è mai pianto addosso, mai lamentato e non ha aspettato che qualcuno cambiasse la sua vita al posto suo.
Lo ha fatto lui, insieme ad un piccolo gruppo di persone che pian piano si è ampliato. L’ha fatto nella sua terra di origine, nonostante avesse viaggiato tanto e conosciuto luoghi e territori più facili in cui vivere e metter su famiglia.
Scontato pensare che, essendo un notaio e potendo godere di una relativa posizione privilegiata, tutto sia stato più facile. Non è possibile portare i turisti a Favara. Non è possibile fare arte contemporanea a Favara.
Non è possibile farla diventare un attrattore turistico. Questo era il clima che lo circondava.
Ed io Andrea, per esperienza personale, lo capisco benissimo, se sei circondato da gente che si lamenta, che non crede nelle proprie forze, qualsiasi idea diventa carica di zavorre e di forza ce ne vuole tanta per scardinare culture intrise di pregiudizi e negatività.
Ed invece 80.000 presenze in quattro mesi estivi.
A Favara ci sono arrivati artisti e turisti da tutto il mondo.
La comunità locale, all’inizio diffidente, è oggi parte attiva del progetto. Intorno ai 7 cortili sono nati b&b, ristoranti, pizzerie e sono stati investiti circa 20 milioni di euro nel circondario di Favara.
Sono storie belle che ti riempiono il cuore di fiducia e di speranza.
Taranto come Favara. Penso. Mi auguro. Spero.

La bellezza contamina e ti fa stare bene fisicamente, dice Emilio Casalini, il narratore innamorato che modera lo speech.
Come dargli torto, è vero, è esattamente così! E’ importante recuperare la conoscenza, la coscienza e la consapevolezza per tutelare il proprio territorio ed offrirlo agli altri, ai turisti. Anche lo scorso anno Carlo Petrini aveva affermato che se i cittadini residenti si prendono cura della terra che abitano allora i turisti arriveranno di conseguenza.

Dopo tutte queste bellissime parole, ho il piacere di poter chiacchierare con Andrea.
Ovviamente conosce Taranto e ne è affascinato quasi quanto me. (Al minuto 03:50 potete trovare conferma).
Doveroso, secondo Andrea quando si parla di Puglia, ringraziare Guglielmo Minervini, ex assessore alle politiche giovanili della Regione Puglia scomparso poco tempo fa.
Doveroso anche per me pur non facendo parte della “generazione Bollenti Spiriti”.

Rossana Turi teller per #Bto2016 con Andrea Bartoli "Storia di un notaio pazzo"

Pubblicato da BTO su Mercoledì 30 novembre 2016

Dal rendere possibile l’impossibile di Andrea Bartoli al concetto di #lavorobenfatto di Vincenzo Moretti, penso di essere alla più bella edizione di BTO o forse quella in cui io mi ci trovo meglio.
L’idea di cui si è innamorato Moretti è il lavoro ben fatto. A presentarglielo fu suo padre, quando aveva una decina di anni, spiegandogli la differenza tra il lavoro «preso di faccia», quello fatto con impegno, dedizione, passione, e il lavoro «a meglio a meglio», quello che invece no.
Il lavoro ben fatto per Moretti è bello, giusto e conveniente. Conveniente per tutti.
Un concetto semplice ma non banale che dovremmo ripetere ogni giorno come un mantra nella speranza che entri nella capoccia della stragrande maggioranza delle persone.
Superficialità e mediocrità non hanno mai fatto grande un paese.
Come dice Moretti “Abbiamo da scrivere una nuova epica dove gli eroi non sono gli Advancers, le squadre speciali, ma persone normali che ogni mattina mettono i piedi giù dal letto e fanno bene quello che devono fare.
Persone che con le cose che fanno danno voce al bisogno di dare più valore al lavoro e meno valore ai soldi, più valore a ciò che sappiamo e sappiamo fare e meno valore a ciò che abbiamo.”

Insomma contaminarsi di bellezza per rigenerare luoghi e persone, per costruire nuovi modi di pensare e di vivere.